INCONTRI Parla il romanziere iraniano considerato «nemico della moralità pubblica» per aver descritto un abbraccio in piscina Cheheltan: la mia fuga dalla censura islamica «Sono scappato in Italia perché i miei racconti d' amore sono stati giudicati pericolosi» P urtroppo, la passione travolgente fra il bel Karamat e la sensuale Aghdas non troverà il suo coronamento in piscina, come il loro creatore aveva immaginato. Né la frase saliente che doveva preparare quel momento fatale («Avevano freddo, e per sfuggire al freddo si abbracciarono molto forte nell' acqua») vedrà mai la luce in Iran, il Pae se da cui viene lo scrittore Amir Hassan Cheheltan. Perché Karamat e Aghdas, pur essendo soltanto personaggi letterari, sono stati giudicati pericolosi per la morale pubblica, e dunque censurati, dal cosiddetto ministero della Cultura di Teheran. E l' autore del racconto, intitolato Non manca tanto a domani, adesso ha una sola alternativa: eliminare la scena della piscina, o rinunciare del tutto a pubblicare in patria. Questa è infatti la censura islamica: qualcosa che ai nostri occhi occidentali riesce difficile da concepire. Amir Cheheltan si è rifugiato in Italia un anno fa, per sfuggire ai rischi che incombono in Iran sugli intellettuali indipendenti. Del resto, il suo nome figura in tutte e tre le liste nere dei «nemici del popolo» stilate a suo tempo negli oscuri uffici dei servizi segreti khomeinisti. Adesso Cheheltan vive in un paese delle colline toscane, sotto la protezione del Parlamento internazionale degli scrittori, passeggia per le antiche vie medievali, si ferma nell' osteria dove ormai tutti lo conoscono per fare due chiacchiere. Non è solo: l' hanno seguito la moglie Shahla e il figlio di dieci anni. Lui, Amir, è un quarantenne dallo sguardo timido, l' aria riservata, i modi gentili: impossibile immaginarlo come un pericolo per lo Stato. Quando parla, tuttavia, risulta chiaro perché laggiù qualcuno lo tema: Cheheltan non descrive soltanto passioni private. Sottoli neando le differenze fra gli uomini e raccontando gli aspetti oscuri e irrazionali dei loro comportamenti, contribuisce a minare le basi stesse dell' ortodossia. Dove gli ayatollah vorrebbero uniformità e obbedienza, i suoi personaggi sono insofferenti delle briglie, pur rimanendo profondamente a siatici e iraniani. Cheheltan mostra le bozze dell' ultima serie di racconti censurati, Non manca tanto a domani. Il controllore ministeriale ha sottoli neato con pedanteria qui una parola, là un intero periodo. Passaggi che lui dovrebbe sopprimere per ottenere il visto di pubblicazione. Soltanto che, è ovvio, i racconti alla fine non sarebbero più gli stessi. Qual è la logica della censura integralista? «E' allergica a tre cose - risponde Cheheltan -. Anzitutto alle considerazioni politiche; poi alle descrizioni anticonformistiche riguardanti ad esempio sesso, uso di alcool, mondanità; infine, a qualsiasi critica sul terreno religioso. A volte la censura mostra il suo volto più morboso: se in un racconto viene descritta u na casa, vanno eliminati ad esempio i riferimenti al bagno oppure alla camera da letto». Tempi duri per gli artisti, in Iran. Ma nemmeno il Paese che lo ha accolto, naturalmente, appare a Che heltan la terra del latte e del miele. «Il giorno della partenza per l' Italia pensavo al Paese di Pasolini, Pirandello, Ungaretti e Quasimodo. E naturalmente di Michelangelo e Leonardo. Però vedo che da voi la mediocrità ha monopolizzato quasi tutto il campo e si restringe, ogni giorno di più, lo spazio per chi vuol essere differente. Non importa, è un prezzo da pagare. Se le informazioni le riceviamo da tv, computer, satelliti, è naturale che noi ne veniamo livellati. In fondo, un mondo svuotato dai miti potrebbe anche piacere a noi intellettuali. Però, il fatto che il loro posto sia preso dalle stelle televisive non è piacevole». E la moralità occidentale, così diversa da quella che sta tanto a cuore agli integralisti del suo Paese, che impressione le fa? «Non mi piace, da voi, tutta quest' ostentazione del corpo femminile. Sono gesti preconfezionati di provocazione sensuale che umiliano l' essere umano». Almeno, però, da noi non esiste la censura. «Eppure - osserva sorridendo Cheheltan - quando sono arrivato qui sono rimasto colpito dal numero delle apparizioni in televisione di uno stesso politico italiano. C' era sempre lui, in diversi programmi. In seguito ho saputo che è il padrone di tutte queste reti televisive: io dico che si tratta di un monopolio, cioè di una forma di censura. Una cosa che da noi, in Iran, è molto ben conosciuta». Cosa l' ha colpita in Italia, oltre alla morale femminile e alla televisione? «Il calcio, che è poi anche il mio sport preferito. Però, quando porta con sé scene di fanatismo, odio e addirittura delitto, allora mi vengono brividi di paura. Io credo che tutta questa energia potrebbe essere utilizzata meglio». Ci sarà pure qualcosa che le piace, dell' Italia. «Certo, esiste un' altra faccia della medaglia. Quando ero in Iran, fantasticavo tanto sul vostro Paese, chino sui libri di storia. Era un misto di Roma antica e neorealismo cinematografico, l' immagine che mi ero fatto. Poi ho visto a Firenze, Venezia e Roma le fiamme eterne delle varie arti. E, incontrando la gente comune, ho colto in molti sorrisi un certo sole interiore». Non sarà forte come il sole della sua patria. «E' vero, quel sole mi manca, però spero di rivederlo il prossimo anno, se potrò ritornare in patria. Del resto sono ottimista, sento che qualcosa laggiù si sta muovendo. L' importante non è abbattere il potere, ma cambiare la natura dei suoi rapporti con la gente. Devono esistere i partiti, i giornali liberi e indipendenti, le fondazioni e i sindacati. L' Iran deve capire che i governi servono a risolvere i problemi, non a insegnare ai cittadini come vivere».

Fertilio Dario

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(28 luglio 2000) - Corriere della Sera