«A Teheran rifarsi la verginità costa poche centinaia di euro, in ogni caso molto meno rispetto a rifarsi il naso». Esordisce così lo scrittore iraniano Amir Cheheltan, autore del romanzo Via della Rivoluzione (Lastaria Edizioni, Roma pp. 176, €13,50) che presenterà alla Libreria Griot di Roma sabato 4 marzo alle ore 18:30 con il giornalista e scrittore Antonello Sacchetti, esperto di Iran. Il suo romanzo si apre con la scena di Shahrzad sulla sedia del ginecologo mentre viene sottoposta alla ricostruzione dell’imene per salvare l’onore della famiglia quando troverà un pretendente. A operarla è il dottor Fatah, che si innamorerà di lei.

 

Quanto sono frequenti le imenoplastiche in Iran?

È difficile fornire delle statistiche: si tratta di un tabù, nessuno ne parla, tanto meno nei media. La parola d’ordine è il silenzio. In ogni caso la ricostruzione dell’imene è più frequente tra i ceti bassi, tradizionali.

 

A quali costi va incontro la ragazza che vuole tornare a essere vergine in vista del matrimonio?

Dipende se ci si rivolge a un ginecologo oppure a un’ostetrica. Non è un’operazione complicata, di certo meno complicata rispetto alla chirurgia plastica del naso che in Iran costa qualcosa meno di mille euro. Come mi ha spiegato un medico, ricostruire l’imene equivale a cucire una ferita.

 

Il romanzo che lei presenterà alla libreria Griot di Roma sabato 4 marzo appartiene a una trilogia, ma questo libro è stato censurato in Iran: per quale motivo?

Questo romanzo racconta delle realtà che il regime iraniano cerca di tenere nascoste.

 

Quello che lei racconta, ambientata in parte nel carcere di Evin dove sono rinchiusi i prigionieri politici torturati dal giovane Mostafa – anche lui innamorato di Shahrzad – è un capitolo doloroso della storia contemporanea. In quale misura le vicende dei suoi protagonisti sono realmente accadute?

Scrivo romanzi, sono un autore di fiction. Non ha senso cercare di individuare Shahrzad, Fatah e gli altri protagonisti del mio libro in un qualche personaggio della società iraniana. Ma scrivo con realismo, nel senso che la fonte principale dei miei racconti è quello che mi circonda.

 

Il suo romanzo non è quindi stato ispirato, in una qualche misura, da qualcuno che conosce?

Non esattamente da qualcuno di cui ho riprodotto con esattezza le caratteristiche. In ogni caso per scrivere romanzi traggo spunto dalla società iraniana, da come la comprendo e da come la conosco.

 

 

Nel 1979, quando scoppiò la Rivoluzione iraniana, lei aveva ventitré anni. Partecipò, in una qualche misura, a quegli eventi turbolenti? Quali sono i suoi ricordi?


Non in modo attivo, ma osservai con attenzione quello che succedeva attorno a me. Ho sempre partecipato alle grandi manifestazioni contro lo scià. A quel tempo ero già uno scrittore conosciuto, nel 1976 e nel 1978 avevo già pubblicato un paio di volumi. Odiavo lo scià, odio i dittatori.

 

 

Qualche giorno fa nella Repubblica islamica è stato commemorato il trentottesimo anniversario della Rivoluzione iraniana. Che cosa resta dell’ideologia che portò alla cacciata dello scià e alla fine della monarchia?

Il mondo è cambiato da allora. E pure la società iraniana. La popolazione, e soprattutto i giovani, giudicano ogni cosa in base alla loro conoscenza e percezione dell’oggi. Come ogni altra rivoluzione, anche quella iraniana ha avuto un prezzo, alto, e non è riuscita del tutto a mantenere le sue promesse.

 

 

Intende dire in termini di democrazia e diritti umani?

Sì, per quanto riguarda la democrazia e i diritti umani non abbiamo ottenuto alcun risultato. Ma non posso chiudere gli occhi sui risultati, in termini di coscienza storica, della rivoluzione. Se oggi l’Iran non è attraversato dalle stesse turbolenze del resto del Medio Oriente, questo è dovuto al fatto che abbiamo già preso coscienza di molte cose durante la Rivoluzione iraniana del 1979.

 

 

Lei al momento si trova a Teheran. Come hanno reagito gli abitanti della capitale alle provocazioni del neo-presidente statunitense Donald Trump?

Molti sono irritati dalle sue dichiarazioni ma la macchina della propaganda cerca di mostrare che Reagan, Bush, Obama, Clinton e Trump appartengono alla stessa razza. Ed è questa stessa macchina della propaganda che cerca di tenere alta la tensione sociale nel paese.

 

 

Il 19 maggio gli iraniani andranno alle urne per eleggere il nuovo presidente della Repubblica islamica. Un anno e mezzo dopo l’accordo nucleare, gli iraniani hanno ottenuto qualche beneficio economico?

I benefici non sono ancora tangibili. Inizialmente abbiamo tirato il fiato e sperato. È vero che le vendite di petrolio sono aumentate e l’inflazione è sotto controllo, ma siamo ancora in attesa di investimenti stranieri e – di conseguenza – di nuovi posti di lavoro.

 

BY : IODONNA

di Farian Sabahi